L’8 maggio ’45 corrisponde alla disfatta della Germania nazista, un grande sollievo per i gruppi che sono stati perseguitati. Per le minoranze nazionali ebree e rom questa sconfitta mette fine al genocidio perpetrata dai nazisti e permette la sopravvivenza di un grande numero di deportat* grazie alla liberazione dei campi di concentramento e di sterminio. Questa vittoria contro il fascismo è decisiva, anche se come disse Berthold Brecht, “il ventre che ha generato la bestia immonda è ancora fecondo” e che la grande borghesia e i collaboratori che avevano sostenuto i movimenti fascisti riuscirono in gran parte a cavarsela.
Ma l’8 maggio ’45 è anche l’inizio di un terribile massacro in Algeria perpetrato dal potere coloniale francese nelle vicinanze di Sétif, Guelma e Kherrat. L’accaduto inizia con l’uccisione, da parte della polizia, di Bouzid Saal, giovane scout che, durante una manifestazione che reclamava l’indipendenza, la libertà e la fine del regime coloniale, il tutto celebrando la sconfitta del nazismo, stava portando una bandiera algerina. Le sommosse scatenate dall’uccisione diventarono il pretesto di una repressione sanguinosa da parte dell’armata francese appoggiata da milizie di coloni, repressione che fece più di dodici migliaia di morti ( 45000 secondo i/le militanti algerin* e il consolato americano dell’epoca).
Questo massacro fu l’espressione di un sistema razzista che restò intatto nella sfera coloniale e che solo le lotte anticoloniali avrebbero rimesso in dubbio. Dalla parte dello stato francese e dalla maggioranza dei partiti politici francesi, la sconfitta del nazismo non pose fine allo statu quo razzista nelle colonie. Fino al Partito Comunista, i/le ribelli algerini furono considerati provocatori/trici hitleriani. Lato algerino, la vittoria contro il nazismo significò la fine del colonialismo.
Fonte: Paris-luttes.info