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OLTRE UNA SENTENZA

Prendere parola sugli episodi del g8 di Genova a quattordici anni dagli stessi significa scontrarsi innanzitutto con una vicenda sulla quale sono state dette già molte cose. Eppure, quei fatti, sono ancora molto lontani dall’essere chiari per tutti, soprattutto in una città che non è ancora riuscita a superare del tutto gli spettri di quei giorni di paura. È per questo che, lo chiariamo subito, una sentenza come quella della Corte di Strasburgo rischia di essere un piccolo sassolino nel vuoto; è per questo che, lo sosteniamo con forza, bisogna comunque andare oltre una sentenza, la quale sicuramente pone un problema importantissimo e che, viste le reazioni, sembra essere volutamente ignorato dall’apparato istituzionale, quando non viene contestato da segmenti di esso. Il reato di tortura non esiste nel nostro paese, non solo in materia giuridica, ma a livello di forma mentis; l’impunità dei fatti di Genova lo dimostra, e i continui abusi fisici e mentali delle forze dell’ordine (che ancora oggi restano impuniti e vengono spacciati per legittimi ) ne sono la riprova. In molti hanno visto e continuano a vedere, grazie all’enorme quantità di materiale audio-video, le brutalità che le forze dell’ordine compirono in quei giorni, eppure, a ben vedere, gli attacchi e gli abusi istituzionali, polizieschi, sono aumentati dopo il 2001, si sono quasi normalizzati, fino a portare altro marcio alla ribalta nelle cronache nazionali e internazionali: l’omicidio di Cucchi, di Aldrovandi, di Gabriele, le torture ai danni degli attivisti No Tav in Val Susa. Andare oltre una sentenza non vuol dire mostrarne l’inutilità, lungi da noi compiere questa operazione, ma significa urlare con forza che questa sentenza è per noi solo una magra consolazione in un mondo in cui l’opinione pubblica sembra ormai assuefatta da queste continue violenze di stato. Pensiamo semplicemente al fatto che personaggi come Gasparri e il segretario del Sap, abbiano avuto il coraggio, a neanche un giorno dalla sentenza, di dire che fosse in atto un meccanismo mirato a screditare l’onore delle forze dell’ordine. “Il Giornale” si è spinto ancora oltre, arrivando ad affermare che furono le Forze dell’Ordine le uniche vere vittime di quelle giornate di Luglio. Ecco cosa significa andare oltre una sentenza: significa andare oltre i sospiri di sollievo, perché non c’è alcun sollievo in questa sentenza, solo altra rabbia; significa scoprire come le dichiarazioni di alcuni individui, tutto tranne che marginali, continuino a lavorare perché la violenza di stato diventi pratica normalizzata. Una pratica normalizzata nel controllo di quegli individui deviati, che in quelle giornate, e anche in molte altre, si opposero con forza allo status quo, urlando che un mondo diverso fosse non solo possibile, ma necessario. Siamo distanti anni luce dall’accettazione istituzionale di che cosa furono quelle giornate di luglio; si continua a vivere così, aspettando il giorno in cui, svegliandosi, ci si renda conto che non ci fu mai un g8 a Genova, che non ci fu mai una scuola Diaz, che non ci fu mai Via Tolemaide, Corso Italia, che non ci fu mai un Carlo Giuliani, del quale, vorremmo ricordarlo, la stessa Corte di Strasburgo non ammise l’omicidio. Il problema, e lo diciamo con la convinzione di chi sa cosa voglia dire vivere e fare politica in quella stessa città, è che un giorno potremmo davvero scoprire che nessuno più ricorda cosa furono quelle giornate, soprattutto se noi, a quattordici anni dalle stesse, non saremmo in grado di farne rivivere la forza travolgente, i presupposti rivoluzionari che animarono ogni angolo della città in quei tre giorni. Andare oltre una sentenza significa andare oltre lo spettro che da 14 anni ci perseguita, accettarne la narrazione e ripartire, non dimenticandosi di certo da dove si viene.

 

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