Cinema Utopico

Titolo: Cinema Utopico
Luogo: Spazio Libero Utopia
Descrizione: A maggio riparte il cineforum del lunedì allo Spazio Libero Utopia con quattro film sul tema del lavoro:

LUNEDì 4 MAGGIO: [CAPITALISM: A LOVE STORY]

In una società in cui può esistere un gruppo immobiliare che si autodefinisce gli Avvoltoi (il cui compito è acquistare a prezzi stracciati case già pignorate per poi rivenderle facendo profitti) e in cui la classe media vede falcidiati i propri beni primari dalla rapacità di banche prive di qualsiasi seppur remoto scrupolo, non si può non solidarizzare con chi pensa che i rapinatori non siano solo quelli proposti in sequenza nelle immagini delle televisioni a circuito chiuso di banche e negozi.

LUNEDì 11 MAGGIO: [IL POSTO DELL’ANIMA]

La sede di Campolaro della Carair, multinazionale americana produttrice di pneumatici comunica l’imminente chiusura e il conseguente licenziamento di tutti gli operai molti dei quali provenienti dallo stesso, piccolo paese delle montagne circostanti. Gli operai non si vogliono arrendere, reagiscono e si organizzano: la fabbrica viene occupata.

LUNEDì 18 MAGGIO: [FULL MONTY]

Quando il sistema economico ti mette in mutande, non ti resta che toglierti pure quelle per fare un po’ di soldi. Con una doppia presa sulla vita sociale inglese che riesce a far sintesi della condizione proletaria post-tatcheriana e a catturare e rendere agile espediente narrativo l’ultima frontiera dell’emancipazione sessuale femminile, Full Monty è la risposta brillante e gaudente al realismo proletario raccontato da Ken Loach.

LUNEDì 25 MAGGIO: [BREAD AND ROSES]

Il titolo è di per sé già un manifesto: si tratta dello slogan che contrassegnò la lotta degli operai tessili nel 1912. Essi reclamavano per sé non solo il pane quotidiano ma anche il diritto a poter godere della bellezza senza che quest’ultimo venisse annullato da una vita in cui contasse solo il lavoro.
Data inizio: 04-04-2015
Ora inizio: 21:00
Data fine: 25-04-2015
Ora fine: 24:00

UN ALTRO LAVORO È POSSIBILE

La paura dell’emarginazione sociale. L’assenza di prospettive lavorative. La frustrazione. La rabbia.

 

In Argentina durante la catastrofica crisi economica del 2001, numerose fabbriche furono occupate dagli stessi dipendenti dopo il fallimento, preservate dallo smantellamento e rimesse in funzione con risultati sorprendenti. In Argentina le Ert (Empresas recuperadas por sus trabahadores) superano le 250 unità con un totale di lavoratori impiegati di circa 12 mila persone.

Nel 2014, secondo l’ultima analisi dell’Ufficio studi di Confartigianato su dati Istat, il tasso di disoccupazione in Liguria ha toccato il 9,8%. Si tratta di dell’1,2% in più rispetto allo stesso periodo del 2013, numeri che equivalgono a 67 mila persone in cerca di un lavoro contro le 53 mila dello scorso anno.

 

Il nostro futuro è solo di disoccupazione e di sfruttamento o esiste un’altra strada?

Le storie delle italiane Rimaflow e Caffè Malatesta ci possono mostrare una realtà ben diversa fondata sull’autogestione, ovvero sulla gestione del proprio lavoro da parte degli lavoratori stessi.

Un gruppo di lavoratrici e lavoratori, in grande maggioranza licenziati dalla Maflow di Trezzano sul Naviglio, chiusa definitivamente nel dicembre 2012 dopo che, l’11 maggio 2009, il Tribunale di Milano ha dichiarato MAFLOW in stato di insolvenza (si parla di circa 300 milioni di debito come risultato di operazioni finanziare, gestionali e amministrative almeno “discutibili”) , ha recuperato la fabbrica, riconvertendola da automotive verso il riuso e il riciclo di apparecchiature elettriche ed elettroniche e sta dando vita a una vera e propria Cittadella dell’altraeconomia: RIMAFLOW

 

Il progetto CAFFÈ MALATESTA nasce a Lecco nel gennaio 2010 quando, per un gruppo di giovani provenienti da diverse esperienze (chi dall’attivismo, chi da progetti di autogestione, chi semplicemente da anni di studio o lavoro precario), si apre la possibilità di utilizzare una macchina per la torrefazione in disuso, presso la sede del G.A.S. di Lecco, in completa autogestione.

 

Vi aspettiamo il 16 maggio alle ore 15.00.

Portiamo avanti l’idea di AUTOGESTIONE. 

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OLTRE UNA SENTENZA

Prendere parola sugli episodi del g8 di Genova a quattordici anni dagli stessi significa scontrarsi innanzitutto con una vicenda sulla quale sono state dette già molte cose. Eppure, quei fatti, sono ancora molto lontani dall’essere chiari per tutti, soprattutto in una città che non è ancora riuscita a superare del tutto gli spettri di quei giorni di paura. È per questo che, lo chiariamo subito, una sentenza come quella della Corte di Strasburgo rischia di essere un piccolo sassolino nel vuoto; è per questo che, lo sosteniamo con forza, bisogna comunque andare oltre una sentenza, la quale sicuramente pone un problema importantissimo e che, viste le reazioni, sembra essere volutamente ignorato dall’apparato istituzionale, quando non viene contestato da segmenti di esso. Il reato di tortura non esiste nel nostro paese, non solo in materia giuridica, ma a livello di forma mentis; l’impunità dei fatti di Genova lo dimostra, e i continui abusi fisici e mentali delle forze dell’ordine (che ancora oggi restano impuniti e vengono spacciati per legittimi ) ne sono la riprova. In molti hanno visto e continuano a vedere, grazie all’enorme quantità di materiale audio-video, le brutalità che le forze dell’ordine compirono in quei giorni, eppure, a ben vedere, gli attacchi e gli abusi istituzionali, polizieschi, sono aumentati dopo il 2001, si sono quasi normalizzati, fino a portare altro marcio alla ribalta nelle cronache nazionali e internazionali: l’omicidio di Cucchi, di Aldrovandi, di Gabriele, le torture ai danni degli attivisti No Tav in Val Susa. Andare oltre una sentenza non vuol dire mostrarne l’inutilità, lungi da noi compiere questa operazione, ma significa urlare con forza che questa sentenza è per noi solo una magra consolazione in un mondo in cui l’opinione pubblica sembra ormai assuefatta da queste continue violenze di stato. Pensiamo semplicemente al fatto che personaggi come Gasparri e il segretario del Sap, abbiano avuto il coraggio, a neanche un giorno dalla sentenza, di dire che fosse in atto un meccanismo mirato a screditare l’onore delle forze dell’ordine. “Il Giornale” si è spinto ancora oltre, arrivando ad affermare che furono le Forze dell’Ordine le uniche vere vittime di quelle giornate di Luglio. Ecco cosa significa andare oltre una sentenza: significa andare oltre i sospiri di sollievo, perché non c’è alcun sollievo in questa sentenza, solo altra rabbia; significa scoprire come le dichiarazioni di alcuni individui, tutto tranne che marginali, continuino a lavorare perché la violenza di stato diventi pratica normalizzata. Una pratica normalizzata nel controllo di quegli individui deviati, che in quelle giornate, e anche in molte altre, si opposero con forza allo status quo, urlando che un mondo diverso fosse non solo possibile, ma necessario. Siamo distanti anni luce dall’accettazione istituzionale di che cosa furono quelle giornate di luglio; si continua a vivere così, aspettando il giorno in cui, svegliandosi, ci si renda conto che non ci fu mai un g8 a Genova, che non ci fu mai una scuola Diaz, che non ci fu mai Via Tolemaide, Corso Italia, che non ci fu mai un Carlo Giuliani, del quale, vorremmo ricordarlo, la stessa Corte di Strasburgo non ammise l’omicidio. Il problema, e lo diciamo con la convinzione di chi sa cosa voglia dire vivere e fare politica in quella stessa città, è che un giorno potremmo davvero scoprire che nessuno più ricorda cosa furono quelle giornate, soprattutto se noi, a quattordici anni dalle stesse, non saremmo in grado di farne rivivere la forza travolgente, i presupposti rivoluzionari che animarono ogni angolo della città in quei tre giorni. Andare oltre una sentenza significa andare oltre lo spettro che da 14 anni ci perseguita, accettarne la narrazione e ripartire, non dimenticandosi di certo da dove si viene.

 

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Cena di Autofinanziamento

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Lo Spazio Libero Utopia ha visto un cambiamento radicale da quando è stato occupato. 40 anni di degrado sono stati spazzati via in 4 mesi grazie al lavoro di coloro che sono passati dallo Spazio. Molto è stato fatto, ma non tutto ovviamente.

DOMENICA 12 APRILE ci sarà una cena di autofinanziamento dello Spazio, un modo perchè venga aiutato a raccogliere quei fondi da destinare ai lavori e un modo per cominciare a conoscersi tranquillamente con tutti coloro che supportano il progetto o desiderano cominciare a conoscerlo.

Per una questione pratica, richiediamo una PRENOTAZIONE (mandateci un messaggio privato su FB: Spazio Libero Utopia o per email: slutopia@inventati.org)

10 euro il menù (che a breve faremo uscire)

Per raggiungerci: Via Ronchi 59

Fermata autobus n°1: Ronchi/Vigili del Fuoco

Treno: stazione genova Pegli

In Tunisia, la precarietà è in aumento e le pratiche della dittatura continuano

La situazione occupazionale non progredisce molto in Tunisia e questo è dimostrato dal movimento iniziato Sabato 28 febbraio da 8 laureati disoccupati a Gabes, città portuale del Sud Est del paese. Questi hanno infatti iniziato uno sciopero della fame presso la sede della sezione della Lega tunisina dei diritti dell’uomo (LTDH) nella regione al fine di rivendicare, per alcuni di loro, la loro integrazione nella pubblica istruzione e il servizio pubblico, e in generale una vita dignitosa. Secondo i dati delle strutture regionali per l’occupazione, il tasso di disoccupazione nel governatorato di Gabes sarebbe 38%, con 23.000 laureati, dato che può essere considerato reale, viste le polemiche regolari sulle cifre. Così come lo sviluppo regionale, (mancanza di infrastrutture, come in altre aree interne), i problemi ambientali ricorrenti della regione, in particolare l’inquinamento da impianti chimici, sono altre ragioni per il conflitto. Diverse mobilitazioni di sostegno, tra cui l’appello dell’Unione dei laureati disoccupati (UDC) si sono già tenute, Sabato 14 marzo in tutto il governatorato (provincia) di Gabes, e a Sousse; Lunedì 16 marzo in quello di Sidi Bouzid e Tunisi. Anche 23 laureati disoccupati, ex membri dell’Unione generale degli studenti tunisini (UGET), hanno iniziato, Lunedì 23 marzo, uno sciopero della fame ai locali dei giovani lavoratori del UGTT di Tunisi. Gli scioperanti sono parte di un gruppo di 186 manifestanti, tutti ex membri della UGET, che ha cominciato da sei giorni un sit-in negli stessi locali. I manifestanti continueranno la loro protesta fino a quando saranno soddisfatte le loro richieste e la loro situazione regolarizzata come deciso nel contratto firmato nel dicembre 2014 con il precedente governo. Questo prevedeva la loro integrazione nel servizio pubblico dopo aver esaminato i loro fascicoli. Ssdz2-56577ono tutti disoccupati da anni, da quando sono stati esclusi dal concorso per il servizio pubblico a causa delle loro attività sindacali e politici sotto il regime deposto di Ben Ali. Il nuovo governo di Habib Essid ha chiesto loro di dargli un mese dal 27 febbraio 2015 per rivedere i loro fascicoli, ma loro non vogliono aspettare fino ad allora. Lunedì 23 Marzo 2015, la mobilitazione dei disoccupati non si è fermata solo a Tunisi, poiché una manifestazione della UDC (Unione dei laureati disoccupati) ha avuto luogo a Sidi Bou Zid. In molte città, come ad esempio Sousse, Gabes, Gafsa, manifestazioni si sono svolte su iniziativa dell’UDC; in alcuni casi si sono riscontrate violente repressioni, come a Gafsa a febbraio, quando sono stati ricoverati diversi manifestanti. Tra le richieste del UDC, a parte la soppressione delle liste nere di Ben Ali, il sindacato rivendica la presenza di rappresentanti dei disoccupati nelle assemblee locali e regionali. La mobilitazione prosegue il 26 marzo 2015, e crescerà ancora nella regione di Sidi Bouzid, soprattutto dal momento che il Ministro della Pubblica Istruzione ha annunciato che ogni disoccupato dovrà pagare 15 dinari per l’iscrizione ai concorsi del CAPES! A Gabes gli scioperanti hanno rifiutato la proposta del Ministero di terminare il loro sciopero in cambio di 150 dinari ciascuno. Senza farsi raggirare, hanno deciso di avviare uno sciopero selvaggio della fame (senza acqua)!

[ Testo del gruppo Africa della Segreteria Internazionale della CNT-F ]

Maghreb – La vicenda Touareg

Da oggi nasce una nuova categoria: Maghreb. Cercheremo di riportare le lotte che si svolgono quotidianamente nei territori del Maghreb, territori che ogni giorno vedono tribù locali che si battono per la propria libertà, indipendenza ed autonomia dagli stati di quest’area. Volgeremo i nostri sguardi prevalentemente sui territori del Marocco, dell’Algeria e della Tunisia.

 

LA VICENDA TOUAREG

In questi giorni numerose proteste si stanno svolgendo nell’area del sud dell’Algeri e del Nord del Mali. Martedì 10 marzo 2015 circa 6000 persone sono scese nelle strade di Kidal, in Mali, per rifiutare gli accordi tra l’Azawad, territorio del Mali, e il Mali e dimostrare la loro voglia di libertà e di indipendenza sia dal quest’ultimo che dall’Algeria.
Tra il 12 e il 14 marzo in una Conferenza straordinaria, il Coordinamento dei Movimenti dell’Azawad (CMA) rende pubblica la Risoluzione generale di questa Conferenza. Più di 4000 persone venute da tutta l’Azawad hanno preso parte all’incontro. Durante i tre giorni, la parola è stata data all’insieme dei rappresentanti delle tribù, dei villaggi, delle differenti categorie sociali, dei diversi movimenti , alle donne, ai giovani perchè si esprimessero riguardo l’accordo di pace tra Mali e l’Azawad. Ciò che è uscito dalla Conferenza è il rifiuto verso un accordo considerato umiliante in quanto non vengono considerate le rivendicazioni fondamentali di una popolazione la cui aspirazione principale è l’indipendenza e la libertà del proprio paese.

Vediamo in breve le tappe storiche che precedono questo eventi:
Tre accordi di pace, un patto nazionale, numerose conferenze e convenzioni, sono stati firmati dal governo del Mali con i fronti armati dei touareg e dei loro alleati sin dal 1991. Prima di questa data vi fu la repressione della rivolta dell’Adagh nel 1963, con il massacro di migliaia di civili per mano dell’armata maliana nel silenzio più totale delle istituzioni. Questo atto violento comportò l’esilio di numerose famiglie touareg negli stati confinanti. Nessuna istituzione nazionale o internazionale ha intrapreso qualche negoziato o condannato questi fatti che restano tuttora impuniti.
Quando scoppiò la ribellione touareg del 1990 in Nigeria e in Mali, la Francia e l’Algeria si mobilitarono velocemente per prendere il controllo della situazione fino al termine delle ostilità, con gli Accordi di Tamanrasset del 6 gennaio 1991, seguiti dal Patto Nazionale l’anno successivo. L’obiettivo era di ridimensionare i movimenti iniziali, il Front de libération du peuple touareg e il Mouvement de libération touarègue, all’interno dei confini di ciascun Stato: il termine ” touareg ” fu sostituito da “Azawad” per il Mali e “Air et Azawagh” per la Nigeria.
Le misure annunciate ( sviluppo economico, creazione di infrastrutture, sicurezza e ritorno dei rifugiati) non sono mai state attuate.
Nel 1994 si ebbero genocidi causati dalle milizie che decimarono la popolazione obbligandola ancora all’esilio.
Una nuova insurrezione avvenne nel maggio 2006 ( e nel 2007 in Nigeria). I movimenti che si stavano mobilitando nella lotta politica del Mali, furono accusati di etnicismo e di terrorismo. Si arrivò a nuovi accordi, gli “Accordi di Algeri” del 2006, con i quali furono reiterate le promesse precedentemente non mantenute.

Nel 2011, il Mouvement National de Libération de l’Azawad, di cui fanno parte numerose identità tra cui touareg e arabi, chiede al governo maliano di applicare gli Accordi di Algeri del 2006. Poichè le richieste non vennero ascoltate, il MNLA passa all’azione a gennaio 2012 formando un’armata composta da combattenti touareg venuti dalla Libia; questo soldati facevano parte di quelle famiglie andate in esilio durante gli anni di piombo del Mali. Dopo appena due mesi dalla formazione del MNLA, naque il fronte islamista Ansar Eddine condotto dall’ex ribelle touareg , poi ex funzionario e diplomatico maliano, Iyad ag Ghali, il quale si allea con i gruppi salafiti AQMI e MUJAO perchè eliminare il MNLA. In poco tempo il governo di Bamako, capitale del Mali, viene rovesciato da un colpo militare. La comunità internazionale si mobilita per ristabilire l’ordine costituzionale facendo ripartire un potere maliano impotente di fronte all’avanzate degli islamisti ( pretesto perchè l’intervento militare francese nel gennaio 2013) e organizza le elezioni presidenziali. L’Accordo di Ouagadougou viene firmato a giugno 2013 sotto il controllo della CEDEAO, dell’ONU e dell’UE, ma le promesse contenute anche questa volta non vengono considerate dal governo maliano.
Negli Accordi di Algeri 2015 viene incoraggiata l’estrazione mineraria senza che venga specificata la compensazione la distruzione delle risorse vegetali e acquifere dei luoghi necessari all’economia pastorale, dimostrando ancora una volta il non interesse verso le popolazioni locali in virtù di una ricchezza non condivisa con loro.

Venerdì 20 Marzo: Tomorrow’s Land – Proezione + Apericena

fronte-copertina-dvdDal 1920 la Palestina sta subendo un attacco che non ha nulla a che fare con la religione: creare un caposaldo occidentale nel medioriente.

Bombardamenti e incursioni militari vengono fatti passare dai media mainstream come risposta ai razzi palestinesi che raramente colpiscono gli obbiettivi.
La guerra però assume diversi aspetti. Quello che vive oggi il popolo palestinese è una segregazione costante sul proprio territorio: muri di cemento, check-point armati, arresti indiscriminati.

Il documentario Tomorrow’s Land racconta del piccolo villaggio palestinese contadino di At-Tuwani incastrato nelle aride colline a sud-est di Hebron, Area C della West Bank a controllo amministrativo e militare israeliano. Sotto costante minaccia di evacuazione dal 1999, il villaggio è oggetto di ripetuti attacchi da parte dei coloni che vivono nel vicino avamposto di Havat Ma’on e nell’insediamento di Ma’on.

In risposta a tutto questo consolidato sistema di ingiustizie, da dieci anni è nato il Comitato di Resistenza popolare, diretta espressione della rivolta della classe contadina locale e contemporaneamente potente destabilizzatore dei meccanismi di controllo e repressione attuati dall’occupazione israeliana.

Con il supporto e la collaborazione degli attivisti israeliani e gruppi internazionali, il movimento sta crescendo e si sta affermando in chiave regionale come uno dei possibili percorsi per costruire ed immaginare un nuovo futuro.

Dalle 19.00 apericena e proiezione dibattito con i registi.

Assemblea: cambio orario!

L’assemblea è dove collettivamente ci confrontiamo e progettiamo azioni per cambiare l’esistente e per questo è il momento più importante dello spazio. Per fare in modo che più persone possano partecipare abbiamo deciso di cambiare orario e anticiparla, sempre il Lunedì, alle 18.30.

Per qualsiasi comunicazione a proposito e non contattateci a rotta334@inventati.org

Aula studio

Lunedì 2 febbraio, dopo due mesi dall’occupazione, all’interno dello Spazio Libero Utopia ha preso avvio il primo “laboratorio”. Si tratta di un’aula studio che tenta di sopperire alla mancanza di luoghi di studio ( le due biblioteche nelle vicinanze non riescono a venire incontro ai bisogni degli studenti ), che punta ad essere luogo di scambio di informazioni ed idee e che permetta la crescita individuale di chi la frequenta. Tale spazio inoltre potrà essere utilizzato per proporre incontri formativi.
Attualmente si sta cercando di fornire l’aula di libri di narrativa e di studio e tutta la realtà è, in generale, in continua mutazione.

L’aula sarà aperta dal lunedì al venerdì dalle ore 9.30. Il sabato a seconda della disponibilità dei ragazzi e dalla eventuale richiesta di utilizzo.

Per info giornaliere come cambio orari guardate o scrivete a::

Fb: https://www.facebook.com/profile.php?id=100006771828993&fref=ts
Mail: slutopia@inventati.org

foto di Marco Casa.